LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio, iscritto al n.
 895369/G del registro di segreteria promosso dalla  sig.ra  Rosenfeld
 Maria,  nata  a  Fiume  il  26 febbraio 1926, residente a Roma ed ivi
 elettivamente domiciliata in via R. Grazioli Lante n. 16,  presso  lo
 studio  dell'avv.  Domenico  Bonaiuti  che  l'assiste, giusta procura
 speciale rilasciata in data 14 dicembre 1994;
    Visto il ricorso in data 25 novembre  1992,  proposto  avverso  il
 provvedimento  di  reiezione  della istanza di concessione di assegno
 vitalizio emesso nella seduta del 24 giugno  1992  dalla  Commissione
 per le provvidenze ai perseguitati politici antifascisti o razziali;
    Visti gli altri atti e documenti della causa;
    Uditi  nella  pubblica udienza del 6 marzo 1995 - con l'assistenza
 del segretario, sig.ra Nicoletta Esposito - il consigliere  relatore,
 dott.  Angelo  De  Marco, l'avv. Domenico Bonaiuti per la ricorrente,
 nonche' il rappresentante dell'Amministrazione  resistente,  dott.ssa
 Anna Maria Alimandi;
    Premesso:
      che  con  ricorso  datato  25  novembre 1992 la sig.ra Rosenfeld
 Maria ha  impugnato  la  deliberazione  n.  80300  con  la  quale  la
 Commissione  per le provvidenze ai perseguitati politici antifascisti
 o razziali le ha negato, nella seduta del 24 giugno  1992,  l'assegno
 vitalizio  richiesto  in  relazione  alla  deportazione e conseguente
 decesso del padre, sig. Rosenfeld Maurizio, per  insussistenza  delle
 condizioni  espressamente  previste  dall'art. 1 della legge 10 marzo
 1955, n. 96, e successive modifiche ed integrazioni;
      che,  come  si  rileva  dalla  motivazione   del   provvedimento
 impugnato,  il  sig.  Rosenfeld,  quale cittadino italiano di origine
 ebraica, pur  soggetto  a  provvedimenti  e  restrizioni  conseguenti
 all'emanazione  delle  leggi  razziali  in Italia, non aveva tuttavia
 svolto concreta attivita' politica antifascista  anteriormente  all'8
 settembre  1943,  ne'  aveva  subito  le  persecuzioni  espressamente
 contemplate dal sopra citato art. 1 della legge n.  96,  sicche'  non
 potevano  essere concesse ai suoi familiari superstiti le provvidenze
 da tale normativa previste;
    Ritenuto:
      che nel corso la sig.ra Rosenfeld fa presente che il padre,  pur
 non  avendo  svolto  attivita'  politica  antifascista,  fu  comunque
 deportato nel campo di concentramento nazista di  Aushwitz,  da  dove
 non  fece  piu'  ritorno,  ed  insiste  pertanto  nella  richiesta di
 concessione dell'assegno vitalizio in considerazione del fatto che la
 legge,   nell'interpretazione    restrittiva    dell'Amministrazione,
 opererebbe  una  discriminazione  tra  cittadini  ugualmente deceduti
 nello stesso campo di sterminio;
    Rilevato:
      che nella pubblica  udienza  odierna  l'avv.  Bonaiuti,  per  la
 ricorrente,   ha  posto  l'accento  sulla  delicatezza  del  caso  in
 questione, sottolineando che - se pure il sig. Rosenfeld  non  svolse
 attivita'  politica  antifascista  -  egli fu nondimeno arrestato per
 motivi razziali, subendo la deportazione e trovando per  tali  motivi
 la  morte,  sicche'  la ricorrente, orfana di un deportato per motivi
 razziali,  si  trova  nella  condizione  per   poter   fruire   delle
 provvidenze  della  legge, che non distingue tra deportati per motivi
 razziali o antifascisti, ponendo anzi le due categorie  sul  medesimo
 piano;
      che  la  dott.ssa  Alimandi, per l'Amministrazione, ha insistito
 sul fatto che la legge n. 96  di  cui  si  chiede  l'applicazione  si
 riferisce   a  casi  particolari  non  ricorrenti  nella  fattispecie
 all'esame, nella quale  potrebbe  tutt'al  piu'  farsi  ricorso  alla
 legislazione  generale sulle pensioni di guerra, inquadrando l'evento
 (decesso intervenuto in campo di concentramento) nell'ampia casistica
 del fatto bellico;
    Considerato:
      che l'art. 1 della legge 10 marzo  1955,  n.  96,  e  successive
 modifiche  ed  integrazioni  applicato  dalla Commissione (secondo la
 ricorrente,    con    interpretazione    restrittiva;    ad    avviso
 dell'Amministrazione  resistente,  nel  pieno  rispetto  del  dettato
 legislativo)  da  luogo  a  perplessita',  in  quanto  l'assegno   di
 benemerenza  ivi  previsto  viene  astrattamente  riconosciuto - come
 recita il titolo della legge - a  favore  dei  perseguitati  politici
 antifascisti  o  razziali  e dei loro familiari superstiti, mentre in
 concreto le specifiche situazioni contemplate nelle lettere  a),  b),
 c), d) ed e) dell'art. 1 della legge per la concessione del beneficio
 fanno riferimento ai soli perseguitati politici antifascisti.
    In  particolare,  la lettera e) - introdotta con legge 22 dicembre
 1980, n. 932 - pur riferendosi in modo specifico all'internamento  in
 campo  di  concentramento,  pone  tale  evento  in alternativa con la
 condanna al carcere subita in conseguenza dell'attivita' antifascista
 svolta all'estero, e, quindi, lo  riconduce  nell'ambito  della  piu'
 ampia   fattispecie   rappresentata   dalla  prosecuzione  all'estero
 dell'attivita' antifascista, da cui restano esclusi coloro che  hanno
 subito l'internamento per motivi esclusivamente razziali;
      che tale circostanza convince il collegio della prospettabilita'
 di una questione di legittimita' costituzionale della citata norma in
 relazione   al   disposto   dell'art.   3   della  Costituzione,  per
 l'ingiustificata e irrazionale discriminazione che essa introduce tra
 i perseguitati politici antifascisti e i perseguitati razziali,  pure
 accomunati  -  apparentemente - da un identico trattamento nel titolo
 della legge;
      che tale questione e' rilevante e non manifestamente infondata:
       rilevante, perche' solo attraverso l'applicazione  delle  norme
 contestate  la ricorrente puo' conseguire il ristoro patrimoniale del
 pregiudizio sofferto a seguito della morte del genitore nel campo  di
 concentramento di Aushwitz.
    Infatti  la  teorica  possibilita',  adombrata  dal rappresentante
 dell'Amministrazione resistente, di inquadrare la  fattispecie  nella
 normativa  generale  sulle  pensioni  di guerra, quale fatto bellico,
 risulta  concretamente  inattuabile  per   essere   abbondamentemente
 decorsi,  per la ricorrente, i termini di cui agli artt. 99 e 127 del
 d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (le relative domande potevano  essere
 presentate entro e non oltre due anni dalla data di entrata in vigore
 dello  stesso  decreto),  mentre  una  seconda  teorica possibilita',
 offerta dalla legge 18 novembre 1980, n. 791,  recante  l'istituzione
 di  un'assegno  vitalizio  a  favore  degli ex deportati nei campi di
 sterminio nazista KZ risulta parimenti inoperante nella  fattispecie,
 perche'  tale normativa, come e' noto, non prevede la possibilita' di
 conferire provvidenze a favore degli eredi degli  ex  prigionieri  di
 guerra.
    In  definitiva,  l'unica  possibilita'  per la sig.ra Rosenfeld di
 vedersi  riconoscere  una  qualche  provvidenza  in  relazione   alla
 persecuzione  razziale  di  cui  e'  stato  vittima il genitore resta
 affidata all'applicazione  della  legge  10  marzo  1955,  n.  96,  e
 successive  modifiche  ed  integrazioni,  ove  venga  riconosciuta in
 contrasto  con  il  principio  costituzionale   di   eguaglianza   la
 discriminazione ivi irrazionalmente operata tra perseguitati politici
 antifascisti e perseguitati razziali;
       non  manifestamente  infondata,  perche'  sia  il  titolo della
 legge, sia  il  suo  articolato  fanno  riferimento  ai  perseguitati
 razziali  indicando  tale  categoria  in  alternativa  a  quella  dei
 perseguitati  politici  antifascisti,   come   dimostrato   in   modo
 inequivocabile  dall'uso  della  particella disgiuntiva "o" adoperata
 per indicare la correlazione posta tra le due categorie.
    Cio' appare evidente nel titolo, ma  emerge  con  chiarezza  anche
 dalla lettera degli artt. 1 e 2 della legge, che fanno riferimento ai
 cittadini   italiani   "che   siano   stati  perseguitati  a  seguito
 dell'attivita' politica da loro svolta contro la dittatura fascista",
 ovvero  che  "abbiano  subito  persecuzioni  per  motivi  di   ordine
 razziale",  nonche'  ai  "familiari  dei cittadini italiani morti per
 effetto delle persecuzioni politiche o razziali".
    Pur ponendo le due categorie sullo stesso piano,  tuttavia  l'art.
 1,  ultimo  comma,  della  ripetuta  legge  n.  96 poi le discrimina,
 allorche' richiede, per l'attribuzione dell'assegno  ai  perseguitati
 razziali  o  ai loro familiari superstiti, che si siano verificate le
 "identiche ipotesi" precedentemente contemplate  per  i  perseguitati
 politici antifascisti.
    A   tale   proposito   puo'   viceversa   opinarsi   che,   stante
 l'equiparazione precedentemente stabilita, debba prescindersi  per  i
 perseguitati  razziali  dalla  verifica  del ricorso delle specifiche
 ipotesi di cui alle citate lettere a), b), c), d) ed e)  dell'art.  1
 della  legge, ritenendosi che la deportazione di ebrei in quanto tali
 (e solo perche' tali) costituisca  persecuzione  di  ordine  razziale
 meritevole  di per se' del riconoscimento delle provvidenze di legge,
 in parallelo a quanto stabilito per la persecuzione (tipizzata  nelle
 succitate  lettere  della  legge)  conseguente  allo  svolgimento  di
 attivita' politica antifascista.